Un titolo che colpisce subito, perché promette una verità semplice su qualcosa di estremamente complesso: l’intelligenza umana. L’idea è potente — quasi inevitabile — perché suggerisce che il nome che portiamo possa raccontare più di noi di quanto immaginiamo.
Negli ultimi tempi questa affermazione ha iniziato a circolare con insistenza online, rilanciata da siti di curiosità e portali generalisti. La narrazione è sempre la stessa: uno studio universitario su decine di migliaia di persone avrebbe individuato tre nomi associati a un quoziente intellettivo medio più basso del resto della popolazione.
I nomi citati più spesso sono Jonathan, Aline e Sara, accompagnati da numeri precisi, apparentemente scientifici. Ed è proprio questa precisione a rendere la storia credibile, condivisibile, virale.
Ma cosa rende un racconto come questo così efficace?
Il fascino di questa notizia nasce da un meccanismo psicologico ben noto: la ricerca di scorciatoie interpretative. Se un nome potesse davvero dire qualcosa sull’intelligenza, avremmo una chiave semplice per leggere la realtà.
Non è un caso che contenuti simili esplodano ciclicamente: mettono insieme identità personale, numeri, università prestigiose e un pizzico di provocazione.
In effetti, esistono ricerche che analizzano il modo in cui i nomi influenzano le percezioni. Studi di psicologia sociale hanno mostrato che alcune persone tendono ad attribuire, inconsciamente, tratti come competenza, affidabilità o intelligenza in base al suono o alla “generazione” di un nome. In questi esperimenti, però, non si misura l’intelligenza reale, ma la percezione che gli altri hanno.
Dai numeri alle interpretazioni
Nel racconto che circola online, il riferimento è a uno studio molto ampio, condotto su 70.000 soggetti, con dati sul QI associati ai nomi. Una struttura che suona solida e autorevole.
Tuttavia, quando si prova a risalire alla fonte originale, emergono elementi interessanti: le citazioni restano vaghe, i riferimenti accademici non vengono mai indicati in modo preciso e la metodologia non viene descritta. Questo non significa che non si possa studiare il rapporto tra nomi e risultati cognitivi, ma la distanza tra una correlazione osservata e una spiegazione causale è enorme.

I tre nomi che indicano una bassa intelligenza, Ilmioviaggiointornoalmondo.it
Il quoziente intellettivo viene spesso trattato come un numero definitivo, ma la ricerca scientifica lo considera solo una delle tante misure possibili delle abilità cognitive. Il QI valuta alcuni aspetti, come logica, memoria di lavoro e velocità di elaborazione, ma non comprende:
intelligenza creativa
emotiva
sociale
adattiva
I modelli contemporanei, come la teoria Cattell-Horn-Carroll, descrivono l’intelligenza come una struttura complessa e stratificata, non come una dote fissa associabile a un’etichetta.
Quel che invece è ben documentato è il peso sociale dei nomi. In molti contesti, un nome può influenzare:
la valutazione di un curriculum
la percezione di autorevolezza
il modo in cui una persona viene trattata
Persino i sistemi di intelligenza artificiale possono riprodurre questi bias, attribuendo inconsciamente competenze o status in base al nome.
Se hai questi nomi devi preoccuparti Ilmioviaggiointornoalmondo.it






